Si definiscono infezioni “nosocomiali” le infezioni contratte dai pazienti durante il soggiorno in ospedale o altra struttura sanitaria.
La materia è stata recentemente oggetto di una importante pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 6386 del 3 marzo 2023) con la quale è stato affermato che, in presenza di tale tipologia di infezione, la prova del collegamento causale tra il comportamento dei sanitari e l’evento dannoso deve essere fornita dal danneggiato in termini soltanto probabilistici.
Questo significa che chi agisce per il risarcimento dei danni deve dimostrare che il comportamento colposo dei sanitari ha causato l’evento lesivo con un grado di probabilità più elevato rispetto ad altre cause possibili, senza che sia necessario fornire la prova di cui si tratta, in termini di assoluta certezza.
Sempre secondo quanto affermato nella decisione in commento, inoltre, a fronte della prova presuntiva, fornita dal paziente, della contrazione dell’infezione in ambito ospedaliero, la struttura potrà sempre fornire la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle stesse, consistente nell’indicazione:
a) dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
b) delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
c) delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
d) delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
e) delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
f) della qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;
g) dell’avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
h) dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;
i) delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali;
j) del rapporto numerico tra personale e degenti;
k) della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
l) della redazione di un “report” da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
m) dell’orario dell’effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.
Accertata l’esistenza di sistemi di prevenzione del rischio e della loro attuazione in base ai parametri precedentemente descritti si tratterà poi di passare alla verifica della tempestività della diagnosi d’infezione di cui si discute e della appropriatezza delle cure conseguentemente apprestate.
È evidente tuttavia che il modello delineato dalla Corte di Cassazione rappresenta un accertamento da svolgersi per gradi: il mancato superamento del vaglio inziale circa la concreta attuazione di sistemi di prevenzione e controllo e contenimento del rischio determinerà, infatti, automaticamente, la responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria interessata.