Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 8184 in data 6.9.2023, prende posizione sull’incameramento delle opere non amovibili realizzate sul demanio marittimo al termine della concessione, sulla richiesta di chiarimenti della CGUE, nell’ambito del procedimento di rinvio preguidiziale sulla seguente questione “Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo”.
Il Consiglio di Stato precisa che, sulla base del meccanismo di cui sopra, che opera con effetto automaticamente costitutivo del diritto in favore dello Stato al cessare dell’efficacia della concessione, le conseguenze sul piano della tutela dei diritti sono cruciali, ritenendo che la compatibilità con il diritto eurounitario di questo meccanisimo debba misurarsi, oltre che con il fatto che la devoluzione in favore dello Stato avviene a titolo non oneroso e senza alcun indennizzo, anche con i presupposti processuali e le condizioni dell’azione, non potendo l’accesso alla giustizia essere così complesso da divenire impossibile. L’art. 49, cod. nav. prevede infatti l’acquisto automatico e costitutivo del diritto sulle opere inamovibili in capo allo Stato, senza al contempo prevedere uno strumento, anche amministrativo, per determinare e accertare in modo congruo, adeguato, ragionevole e proporzionato l’effettiva consistenza delle opere che vengono acquisite al patrimonio dello Stato.
Inoltre, le concessioni amministrative, ad ogni successivo rilascio o rinnovo, si limitano a riprodurre il testo dell’art. 49, cod. nav., senza accertare previamente in modo chiaro e comprensibile qual è l’area demaniale concessa e, nell’ambito di questa, quella frutto dell’incremento devolutivo. In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, il momento nel quale viene accertata l’effettiva consistenza dell’acquisizione si sposta costantemente in avanti, solitamente sino a quando l’Amministrazione formula la richiesta di maggiori canoni.
Il Consiglio di stato chiede, dunque, alla CGUE di pronunciarsi sulla questione alla stessa rimessa anche per ragioni di certezza giuridica ed effettività della tutela “potendo il meccanismo contenuto nell’art. 49, cod. nav. precludere la tutela dei diritti, in quanto:
- a) manca un provvedimento formale ed espresso da impugnare sullo stato di consistenza delle opere che si perdono in capo al privato e si acquistano da parte dello Stato; b) perché rappresenta un principio giuridico generale quello secondo cui l’oggetto di ogni rapporto giuridico, sia che esso abbia la propria fonte nel negozio, nel contratto o nell’atto amministrativo, dovrebbe caratterizzarsi per la possibilità di essere determinato fin dalla sua origine o comunque di esserlo in seguito, determinabile, con un ragionevole grado di certezza; c) perché la chiarezza sullo stato di consistenza delle opere da acquisire non è una questione che riguarda solo il concessionario uscente e lo Stato, ma tutti gli operatori economici che aspirano a divenire concessionari, in quanto la entità del canone dipende concretamente dagli incrementi che via via subisce nel tempo il bene demaniale”.
Nei prossimi mesi la CGUE dovrà, ricevuti i chiarimenti di cui sopra, pronunciarsi sulla questione interpretativa sollevata dal Consiglio di Stato.