Nell’ambito dei rapporti condominiali, non è insolito che si creino situazioni che possono configurare delle immissioni/molestie che superano la normale tollerabilità.
Ad esempio, spesso accade che un condomino si prenda cura di animali anche randagi nella sua proprietà esclusiva.
Tuttavia, rifocillare cani o gatti con ciotole di cibo può costituire molestia se gli animali non solo vagano nelle parti comuni ma s’introducono negli appartamenti e relative pertinenze degli altri condomini limitandone il godimento.
Pertanto, sempre che non sia proibito dal regolamento condominiale, dare da mangiare ad animali anche se randagi non è vietato, ma è necessario adottare tutte le precauzioni idonee ad impedire che la presenza degli animali possa recare molestia al resto del condominio.
Stessa cosa può valere allorquando un condomino possieda animali domestici che, venendo lasciati incustoditi per diverse ore, abbaiano incessantemente.
La Corte di Cassazione, segnatamente, ha recentemente confermato una sentenza della Corte di Appello con cui è stato disposto il risarcimento del vicino, disturbato nelle ore di riposo a causa di “cupi ululati e continui e fastidiosi guaiti specie nelle ore notturne emessi dai cani dei vicini collocati sul terrazzo dell’abitazione e sul terreno comune del fabbricato” (Cass. civ., sez. III, 27/07/2022, n. 23408).
In conclusione, qualora il singolo condominio ponga in essere le condotte di cui sopra, quest’ultimo sarà tenuto ad adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare disagi ai vicini. In difetto, tali disagi potrebbero sfociare in richieste di risarcimento dei danni da parte degli altri condomini.
Ed infatti, il giudice può liquidare il danno causato dalle immissioni/molestie in via equitativa, sulla base della prova fornita dal danneggiato anche con presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessaria la dimostrazione di un mutamento delle abitudini di vita, liquidando a favore del danneggiato anche il danno non patrimoniale, consistente nella lesione del diritto al normale svolgimento della vita famigliare all’interno della sua abitazione (Cass. civ., Sez. Unite, 01/02/2017, n. 2611).