Il trasferimento del dipendente dovuto ad incompatibilità ambientale trova la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva.

Il provvedimento datoriale, quindi, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive di cui all’art. 2103 c.c., piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento prescinde dalla colpa in senso lato del lavoratore trasferito, come dall’osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari.

In tale ipotesi il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato, deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell’impresa, e cioè se l’incompatibilità, determinando conseguenze quali tensione nei rapporti personali o contrasti nell’ambiente di lavoro che costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione nell’unità produttiva, realizzi un’obiettiva esigenza aziendale di modifica del luogo di lavoro.

Il Giudice, inoltre, deve tenere conto del principio di libertà dell’iniziativa economica privata espresso dall’art. 41 Cost e non può estendere il proprio controllo al merito della scelta imprenditoriale, né tale scelta deve presentare necessariamente i caratteri della inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una tra le scelte ragionevoli che il datore di lavoro possa adottare sul piano tecnico, organizzativo o produttivo.

In tal senso recentemente si è espressa la Corte di Appello di Roma (App. Roma, Sez. L, Sent. 01-06-2022, n. 2230).

Per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento in quanto fondato su motivo illecito, occorre che l’intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la recente Ordinanza n. 21465 del 6 luglio 2022, con la quale la medesima Corte ha anche avuto modo di precisare che:

dal punto di vista probatorio l’onere ricade sul lavoratore in base alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c., non operando l’art. 5 l. n. 604 del 1966; esso può essere assolto anche mediante presunzioni (Cass. n. 23583 del 2019), con la dimostrazione di elementi specifici, tali da far ritenere con sufficiente certezza il motivo ritorsivo”.

In sintesi la Corte di Cassazione ha ribadito che il licenziamento ritorsivo (intimato per motivi illeciti, generalmente diversi da quelli formalmente indicati) può essere rilevato dal giudice e dichiarato nullo solo laddove l’intento ritorsivo del datore di lavoro sia stato il motivo determinante della volontà di recesso; il relativo onere della prova è a carico del lavoratore licenziato che dovrà dimostrare l’esistenza ei circostanze specifiche tali da far desumere il motivo ritorsivo.

Per completezza, ricordiamo che, ove ritenuto sussistente, il licenziamento sarà dichiarato nullo a prescindere dall’eventuale esistenza di una giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

Dalla nullità del licenziamento deriverà, inoltre, l’applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 23/2015 (cd. Jobs Act) con conseguente diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro (ovvero, al pagamento di un’indennità corrispondente a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr) ed al risarcimento del danno subito per il licenziamento in ragione di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

La Legge n.  31.5.2022, n. 62 recante “Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie” è entrata in vigore il 26.6.2022, perseguendo finalità di trasparenza, di prevenzione e contrasto alla corruzione e al degrado dell’azione amministrativa, nonché di garanzia del diritto alla conoscenza dei rapporti di rilevanza economica intercorrenti tra le imprese produttrici di farmaci, strumenti, apparecchiature, beni e servizi (anche non sanitari) e i soggetti che operano nel settore della salute o le organizzazioni sanitarie.

Tra le principali novità vi è l’istituzione, sul sito internet istituzionale del Ministero della Salute, di un registro pubblico telematico denominato “Sanità trasparente”, nel quale saranno pubblicate convenzioni, partnership ed elargizioni in denaro, beni, servizi o altre utilità effettuate da un’impresa produttrice (di farmaci, strumenti, apparecchiature, beni o servizi, ma anche un’azienda organizzatrice di congressi ed eventi) in favore di soggetti operanti nel settore della salute, sia in area sanitaria che amministrativa, sia nel pubblico che nel privato e che comunque esercitino responsabilità di gestione delle risorse.

Più precisamente, l’art. 3 della Legge in esame prevede che siano soggette a pubblicità le erogazioni e le convenzioni in denaro, beni, servizi e altre utilità, effettuate da un’impresa produttrice in favore di:

  1. a) un soggetto che opera nel settore della salute, quando abbiano un valore unitario superiore a Euro 100,00 o un valore annuo superiore a Euro 1.000,00;
  2. b) un’organizzazione sanitaria, quando abbiano un valore unitario superiore a Euro 1.000,00 o un valore complessivo annuo superiore a Euro 2.500,00.

Sono soggetti a pubblicità anche gli accordi tra le imprese produttrici e i soggetti che operano nel settore della salute o le organizzazioni sanitarie che producono vantaggi diretti o indiretti consistenti nella partecipazione a convegni, eventi formativi, organi consultivi o comitati scientifici o nella costituzione di rapporti di ricerca, consulenza, docenza (art. 3 comma 2).

La pubblicità di cui sopra deve essere effettuata a cura dell’impresa produttrice mediante comunicazione dei relativi dati da inserire nel registro pubblico telematico (art. 5).

Il registro è liberamente consultabile e le comunicazioni pubblicate sono consultabili per cinque anni dalla data della pubblicazione, decorso tale termine, vengono cancellate.

Il sistema delle comunicazioni sarà sottoposto a vigilanza e a un regime sanzionatorio con multe che in caso di false o omesse dichiarazioni.

L’istituzione del registro deve aver luogo entro sei mesi dall’entrata in vigore della Legge; la data di inizio del funzionamento è comunicata mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

L’istituzione è preceduta dall’emanazione di un decreto del Ministro della salute, entro tre mesi dalla suddetta data di entrata in vigore, sentiti l’Agenzia per l’Italia digitale, l’Autorità nazionale anticorruzione ed il Garante per la protezione dei dati personali.

Con la sentenza n. 10151 del 22 giugno 2022, il Tribunale di Roma ha stabilito che la conduttrice, rimasta nel godimento dell’immobile locato nonostante le infiltrazioni, non aveva facoltà di sospendere la propria prestazione, essendo tale inadempimento non proporzionale a quello contestato alla parte locatrice.

Dunque, a fronte di tale conclamato inadempimento, le mancanze imputate al locatore non possono considerarsi, neppure in astratto, tali da avere pregiudicato in misura preponderante l’equilibrio tra prestazione e controprestazione in cui consiste il sinallagma del contratto di locazione

In altri termini, solo se le infiltrazioni siano talmente gravi da elidere la prestazione del locatore, allora è possibile non pagare i canoni avvalendosi dell’eccezione d’inadempimento.