L’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro di adottare, non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, bensì anche tutte le altre misure che in concreto siano richieste dalla specificità del rischio esistente.
La sicurezza del lavoratore costituisce infatti un bene di rilevanza costituzionale che impone – a chi si avvalga di una prestazione lavorativa eseguita in stato di subordinazione – di anteporre al proprio legittimo profitto la sicurezza di chi tale prestazione esegue.
Entrambe le affermazioni precedentemente riportate sono contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione, n. 679, del 12 gennaio 2023 con la quale è stata riformata la sentenza della Corte d’Appello di Catania dell’1 agosto 2018 che aveva escluso la responsabilità colposa dell’Azienda ospedaliera di Catania per la malattia contratta in occasione lavoro da un proprio dipendente, tecnico di radiologia, sul presupposto che il datore di lavoro aveva assicurato i livelli generali di radioprotezione previsti dalla normativa vigente in materia.
In definitiva secondo quanto affermato dai giudici della Corte di Cassazione le misure di prevenzione previste dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, rappresentano soltanto lo standard minimale richiesto dal legislatore per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.
Al fine di adempiere compiutamente agli obblighi di tutela della salute e della sicurezza sullo stesso gravanti ai sensi dell’art. 2087 cod. civ. e di non incorrere in responsabilità in caso di malattia professionale o infortuni sul lavoro dei propri dipendenti, il datore di lavoro sarà quindi tenuto ad adottare anche ogni ulteriore misura che appaia a tal fine in concreto necessaria.
Il Tribunale di Cremona, con la sentenza n. 502 del 18 ottobre 2022, ha sancito che nella fideiussione omnibus, quand’anche la clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. sia nulla ai sensi dell’art. 2 comma 2, lett. a), Legge n. 287/1990 in quanto manifestazione di un accordo anticoncorrenziale, se il fideiussore si è impegnato a pagare “a semplice richiesta scritta” quanto dovuto dal soggetto garantito, l’onere del creditore, previsto dall’art. 1957 c.c., di avanzare istanza entro il termine di sei mesi dalla scadenza del credito deve ritenersi soddisfatto con la semplice richiesta scritta di pagamento rivolta al debitore principale o al fideiussore senza necessità di proporre entro lo stesso termine azione giudiziale.
Questo perché, secondo il Tribunale di Cremona, la clausola con cui il fideiussore si impegna a soddisfare il creditore “a semplice richiesta” o entro un tempo predeterminato, costituisce deroga pattizia alla forma che il creditore, ai sensi dell’art. 1957 c.c., deve osservare nel proporre le sue richieste al fideiussore nel termine previsto dall’articolo in questione, nel senso che l’osservanza dell’onere in questione può ritenersi soddisfatta dalla richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore a prescindere dalla proposizione di un’azione giudiziaria.
In estrema sintesi il Tribunale di Cremona ha affermato che quando la fideiussione contiene una clausola con la quale il fideiussore si impegna a soddisfare il creditore “a semplice richiesta scritta“, per evitare la decadenza dalla garanzia prevista dall’art. 1957 c.c. è sufficiente che, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il creditore formuli una richiesta scritta al debitore principale o al fideiussore, non essendo necessario che entro quel termine venga promossa anche un’azione giudiziaria.
Dello stesso avviso la Corte di Appello di Milano la quale, in occasione di una recente pronuncia (n. 220 del 24 gennaio 2023), ha chiarito che qualora, per accordo tra le parti, il garante debba adempiere a seguito della “semplice richiesta” del creditore, la domanda di pagamento inviata in via stragiudiziale può, e deve, essere considerata una valida istanza ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1957 c.c.. Diversamente opinando, secondo la Corte di Appello meneghina, la garanzia perderebbe il suo significato di garanzia a prima richiesta.
In altri termini la fideiussione “a prima richiesta” comporta che il garante sia tenuto al pagamento dell’obbligazione quando questo gli viene intimato dal creditore, indipendentemente dall’esercizio di un’azione giudiziale.
Da quel momento, infatti, il fideiussore è obbligato ad eseguire il pagamento richiesto, secondo il meccanismo proprio del solve et repete, ed è reso conscio del mancato adempimento da parte del debitore principale.
La raccomandata inviata costituisce richiesta scritta di pagamento stragiudiziale idonea ad evitare la decadenza ai sensi dell’art. 1957 c.c..
Secondo la Corte di Appello di Milano è irrilevante, quindi, il momento in cui il creditore ha proposto domanda giudiziale dovendosi ritenere rispettato il termine di cui all’art. 1957 c.c. già con la diffida stragiudiziale.
Nell’ambito dei rapporti condominiali, non è insolito che si creino situazioni che possono configurare delle immissioni/molestie che superano la normale tollerabilità.
Ad esempio, spesso accade che un condomino si prenda cura di animali anche randagi nella sua proprietà esclusiva.
Tuttavia, rifocillare cani o gatti con ciotole di cibo può costituire molestia se gli animali non solo vagano nelle parti comuni ma s’introducono negli appartamenti e relative pertinenze degli altri condomini limitandone il godimento.
Pertanto, sempre che non sia proibito dal regolamento condominiale, dare da mangiare ad animali anche se randagi non è vietato, ma è necessario adottare tutte le precauzioni idonee ad impedire che la presenza degli animali possa recare molestia al resto del condominio.
Stessa cosa può valere allorquando un condomino possieda animali domestici che, venendo lasciati incustoditi per diverse ore, abbaiano incessantemente.
La Corte di Cassazione, segnatamente, ha recentemente confermato una sentenza della Corte di Appello con cui è stato disposto il risarcimento del vicino, disturbato nelle ore di riposo a causa di “cupi ululati e continui e fastidiosi guaiti specie nelle ore notturne emessi dai cani dei vicini collocati sul terrazzo dell’abitazione e sul terreno comune del fabbricato” (Cass. civ., sez. III, 27/07/2022, n. 23408).
In conclusione, qualora il singolo condominio ponga in essere le condotte di cui sopra, quest’ultimo sarà tenuto ad adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare disagi ai vicini. In difetto, tali disagi potrebbero sfociare in richieste di risarcimento dei danni da parte degli altri condomini.
Ed infatti, il giudice può liquidare il danno causato dalle immissioni/molestie in via equitativa, sulla base della prova fornita dal danneggiato anche con presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessaria la dimostrazione di un mutamento delle abitudini di vita, liquidando a favore del danneggiato anche il danno non patrimoniale, consistente nella lesione del diritto al normale svolgimento della vita famigliare all’interno della sua abitazione (Cass. civ., Sez. Unite, 01/02/2017, n. 2611).
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza pubblicata lo scorso 1.3.2023, si è pronunciato sulle recentissime disposizioni di ulteriore proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime (in particolare l’10-quater, comma 3, del d.l. 29.12.2022, n. 198, convertito in legge con l. 24.2.2023 n. 14, che prevede la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere sino alla data del rilascio dei nuovi provvedimenti concessori) affermando che ogni proroga automatica si pone in frontale contrasto con la disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato.
L’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, infatti, secondo quanto ribadito dal Consiglio di Stato, laddove sancisce il divieto di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative è norma self executing e quindi immediatamente applicabile nell’ordinamento interno, con la conseguenza che le disposizioni legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle suddette concessioni sono con essa in contrasto e pertanto, non devono essere applicate.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha specificato che ai fini dell’applicabilità dell’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative deve ritenersi sussistente il requisito della scarsità della risorsa naturale a disposizione di nuovi potenziali operatori economici.
La recente pronuncia del Consiglio di Stato pare, dunque, non lasciare ulteriore spazio al Legislatore e alla PA per consentire la proroga delle concessioni demaniali marittime oltre il già stabilito termine del 31.12.2023 (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 9 novembre 2021, nn. 17 e 18).