La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza nella causa C – 238/2022, ha affermato che in caso di negato imbarco comunicato anticipatamente, la compensazione pecuniaria è dovuta anche se il passeggero coinvolto non si è presentato all’accettazione.
Secondo la Corte se il vettore aereo ha informato in anticipo il passeggero non consenziente che rifiuterà di farlo imbarcare su un volo per il quale tale passeggero dispone di una prenotazione confermata, l’obbligo di presentarsi all’accettazione sarebbe una formalità inutile.
Tale principio vale anche se il passeggero è stato informato del negato imbarco prima di due settimane dal previsto orario di partenza del volo.
Secondo la sentenza non vi sarebbe infatti motivo di applicare al negato imbarco la regola, prevista unicamente per le cancellazioni del volo, secondo la quale i vettori aerei sono esonerati dall’obbligo di versare una compensazione pecuniaria ai passeggeri qualora li informino della cancellazione del volo almeno due settimane prima dell’orario di partenza previsto.
La decisione della Corte di Giustizia arriva a seguito della richiesta del giudice tedesco cui si è rivolta nel 2022 una passeggera che non riuscendo a effettuare il check-in sul volo da Francoforte sul Meno a Madrid, prenotato per il giorno successivo, contattava il vettore per chiarimenti.
La Compagnia aerea interessata informava la passeggera di averla trasferita, senza avvertirla, su un volo effettuato il giorno precedente. La informava, altresì, del fatto che la sua prenotazione per il volo di ritorno, che doveva essere effettuato più di due settimane dopo, era stata bloccata in quanto non aveva preso il volo di andata. La passeggera chiedeva alla Compagnia aerea una compensazione pecuniaria forfettaria di Euro 250 a causa del negato imbarco sul volo di ritorno.
Il giudice tedesco, investito della controversia, si rivolgeva alla Corte di giustizia chiedendo se una simile compensazione pecuniaria presupponeva, ai sensi del regolamento comunitario sui diritti dei passeggeri aerei (Reg. CE 261/2004), che il passeggero si fosse presentato all’accettazione nonostante la compagnia aerea l’avesse informato in anticipo che non sarebbe stato autorizzato ad imbarcarsi. Il giudice chiedeva di conoscere, altresì, se la compagnia aerea poteva, come previsto per le cancellazioni del volo, sottrarsi all’obbligo di compensazione pecuniaria qualora essa avesse informato il passeggero del negato imbarco con sufficiente anticipo, vale a dire almeno due settimane prima del previsto orario di partenza del volo.

Anche il settore dei trasporti si converte alla conciliazione obbligatoria.

A partire dal 28 febbraio 2023 l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) inizia ad esercitare le sue funzioni per la risoluzione non giurisdizionale delle controversie tra utenti ed operatori dei servizi di trasporto, relative ai diritti dei passeggeri nei viaggi in aereo, treno, autobus e nave.

La procedura prevede, infatti, che, prima di rivolgersi al giudice, occorrerà tentare la conciliazione dinanzi al relativo servizio Adr (Alternative Dispute Resolution) dell’Autorità o, in alternativa, dinanzi ad altro organismo Adr ai sensi del Codice del consumo.

Per la gestione della controversia Art utilizzerà la piattaforma ConciliaWeb.

Quanto sopra dovrebbe comportare un drastico abbattimento dei contenziosi in materia di trasporti.

Con ordinanza del Tribunale di Genova, datata 2 aprile 2023 (causa n. 10213/2022 R.G.), è stata ammessa la domanda promossa dalla signora Joyce Ruinion, con il patrocinio degli avv.ti Alessandro e Stefano Ghibellini, con la quale si contestano a Costa Crociere S.p.a alcune condotte illecite tenute nell’ambito del pacchetto turistico da quest’ultima organizzato a bordo della nave Costa Luminosa denominato “Voyage from Caribbean” con partenza dal porto di Port Everglades (Florida) il giorno 24 febbraio 2020 ed il giorno 5 marzo 2020.

In particolare, l’ordinanza che ha dichiarato l’ammissibilità dell’azione di classe ha:

– disposto che sono inclusi nella classe e possono aderire alla presente azione tutti gli acquirenti del pacchetto turistico organizzato da Costa Crociere S.p.a. a bordo della nave Costa Luminosa denominato “Voyage from Caribbean”, sia di quelli che hanno acquistato la crociera venduta dalla convenuta con partenza dal porto di Port Everglades (Florida) il giorno 24 febbraio 2020, sia di quelli che hanno acquistato la crociera venduta dalla convenuta con partenza dal porto di Port Everglades (Florida) il giorno 5 marzo 2020 che essendo stati personalmente coinvolti negli inadempimenti lamentati e descritti dalla promotrice dell’azione (variazione peggiorativa dell’itinerario di viaggio comportante la soppressione di tappe; paura del contagio a bordo, parziale fruizione dei servizi di bordo; forzata quarantena nelle cabine e minor godimento della vacanza e pratiche scorrette configuranti un’omissione informativa circa la possibilità di scelta tra il rimborso, da una parte, ed un voucher per un futuro pacchetto, dall’altra parte; tra una riduzione del prezzo, considerato il minore valore dell’itinerario, ed il recesso dal contratto) intendano aderire alle domande di rimborso parziale del prezzo e di risarcimento dei danni dalla stessa proposte;

– ordinato la seguente pubblicità, ai sensi dell’art. 140 bis, comma 9, D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), a cura e spese della parte attrice:

➢ pubblicazione per estratto, limitata al solo dispositivo e con indicazione dell’intestazione Tribunale di Genova, del numero di R.G., del nome delle parti e dei difensori, della presente ordinanza nel quotidiano IL CORRIERE DELLA SERA per due volte, una prima volta in un giorno feriale, una seconda volta in un giorno festivo entro il 31.5.2023;

➢ nel sito internet il cui titolare presti il proprio consenso idoneo ad assicurare adeguata diffusione alla notizia, da effettuarsi entro il termine del 31.5.2023;

➢ su un social network a scelta della parte attrice, da effettuarsi entro il termine del 31.5.2023;

– fissato il termine perentorio del 15.9.2023 entro il quale i consumatori e utenti che intendono aderire all’azione di classe, senza ministero del difensore, devono inviare l’atto di adesione, nel quale sono tenuti a specificare la data di imbarco e l’itinerario di crociera acquistato, o a mezzo lettera raccomandata A/R, alla Cancelleria della Sesta Sezione Civile del Tribunale di Genova – Piazza Portoria 1, 16121 Genova GE, o a mezzo posta elettronica certificata o pec all’indirizzo: sez6.civile.tribunale.genova@giustizia.it unitamente alla copia di un documento di identità in corso di validità ed a ricevuta di acquisto del pacchetto turistico, indicando espressamente il seguente oggetto: “Class Action – R.G. n. 10213/2022”;

– mandato la cancelleria di redigere un elenco delle persone che hanno manifestato adesione all’azione collettiva promossa;

– fissato per la prosecuzione del giudizio davanti al Collegio l’udienza del 26.9.2023 alle ore 15.00 che si terrà al Tribunale di Genova presso l’Aula 9, IV piano impregiudicata la facoltà di questo Collegio di variare il giorno e l’aula di udienza in relazione al numero di aderenti alla proposta.

Con la recente ordinanza n. 34968, del 22 novembre 2022, la Corte di Cassazione sez. Lavoro ha ribadito il proprio consolidato orientamento interpretativo in base al quale: “in tema di azione risarcitoria ex art. 2087 c.c. per i danni cagionati dallo svolgimento di un’attività eccedente la ragionevole tollerabilità, il lavoratore è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo le predette modalità nocive e a provare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno, mentre al datore di lavoro, in ragione del suo dovere di assicurare che l’attività lavorativa non risulti pregiudizievole per l’integrità fisica e la personalità morale del dipendente, spetta dimostrare che la prestazione si è, invece, svolta secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili”.
Il principio è stato affermato con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni alla salute avanzata da un dipendente pubblico il quale assumeva di aver contratto una patologia depressiva, con successivo infarto, in conseguenza di “superlavoro” derivante dallo svolgimento di mansioni inferiori e superiori a quelle previste per il proprio effettivo inquadramento professionale, con ritmi insostenibili e in ambiente disagiato, nonché, in assenza di qualsivoglia pianificazione e distribuzione dei carichi di lavoro da parte del datore di lavoro.
In sostanza, con l’ordinanza in esame la Corte di Cassazione ha chiarito che il lavoratore che agisca in giudizio affermando che un’attività di per sé legittima (quale appunto l’impiego in ufficio pubblico) si sia in concreto svolta con modalità devianti da quelle ordinarie e che proprio da ciò sia derivato un danno, ha l’onere di provare l’esistenza del danno subito come pure la nocività dell’ambiente lavorativo, nonché, la sussistenza di un collegamento causale tra tali due elementi (in estrema sintesi si dovrà dimostrare che il danno alla salute sia stato effettivamente causato dalle condizioni di lavoro di cui il lavoratore si lamenta).
Spetta, viceversa, al datore di lavoro, al fine di evitare una condanna al risarcimento, dimostrare che la prestazione lavorativa sia avvenuta con modalità normali, congrue e tollerabili per l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

La Suprema Corte, con la sentenza del 29 settembre 2022 n. 28327, ha stabilito che la preesistente menomazione del danneggiato, se “coesistente”, è di norma irrilevante rispetto ai postumi dell’illecito apprezzati secondo un criterio controfattuale (cioè, stabilendo cosa sarebbe accaduto se l’illecito non si fosse verificato), senza che di essa si debba tenere conto nella determinazione del grado di invalidità permanente e nella liquidazione del danno, mentre, se “concorrente”, può costituire concausa dell’evento di danno, assumendo rilievo sul piano della causalità giuridica, in quanto gli effetti invalidanti sono più gravi se associati ad altra menomazione, con la conseguenza che essa va considerata ai fini della sola liquidazione del pregiudizio e non anche della determinazione del grado percentuale di invalidità, da determinarsi, comunque, in base alla complessiva invalidità riscontrata in concreto, senza innalzamenti o riduzioni.

Secondo la Cassazione, il debitore può chiedere il risarcimento del danno provocato dall’iscrizione di un’ipoteca sproporzionata ossia eccessiva rispetto al debito garantito.

Nel caso di specie, una banca aveva iscritto un’ipoteca su beni di valore di circa 30 milioni di Euro a cautela di un credito di appena 100 mila Euro.

Il debitore, adducendo che la banca si era resa autrice di un fatto illecito (l’iscrizione eccessiva), aveva richiesto il risarcimento del danno il quale, a suo giudizio, consisteva nel fatto che l’iscrizione aveva impedito la concessione di un finanziamento, e aveva degradato il merito creditizio del debitore e provocato «a cascata» l’iscrizione di ipoteche da parte di altre banche.

Con l’ordinanza del 13 dicembre 2021, n. 39441, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato con rinvio per nuovo esame la decisione della Corte d’Appello di Firenze.

La portata innovativa dell’ordinanza in questione sta nel fatto che tale pronuncia conferisce un sostanziale cambio di rotta all’orientamento consolidato che negava la responsabilità della banca per iscrizione eccessiva e di fatto negava ogni tutela a fronte di tale abuso.

Così decidendo la Cassazione ha riconosciuto oltre alla possibilità di chiedere la riduzione dell’iscrizione ipotecaria sproporzionata rispetto al credito da garantire anche il risarcimento del danno.

La portata della pronuncia è, quindi, di particolare importanza, poiché apre nuove prospettive non solo rispetto alla tutela del patrimonio illegittimamente aggredito dalla banca, ma anche su una questione per il momento nuova, e cioè sulla responsabilità della banca e sui danni risarcibili provocati da un contegno incauto.

Resta comunque da capire quale sia il parametro cui il creditore debba riferirsi per non incorrere nel caso di una iscrizione sproporzionata. Da questo punto di vista potrebbe tornare utile il principio per il quale il debitore ha diritto alla riduzione dell’ipoteca se il suo valore eccede di un terzo il valore dei crediti a cautela dei quali l’ipoteca viene iscritta (art. 2875 c.c.).

Quindi, in teoria, seguendo il parametro del terzo, non si dovrebbe incorrere nel rischio di sentirsi chiamati in responsabilità per iscrizione eccessiva.

Con l’ordinanza n. 28632/2022 la Suprema Corte di Cassazione ha sancito l’inapplicabilità delle c.d. Tabelle di Milano nella valutazione e nella liquidazione del danno non patrimoniale causato dal colposo ritardo diagnostico della patologia ad esito infausto.

Nella parte motiva del ridetto provvedimento la Suprema Corte  di Cassazione  – in linea con precedenti giurisprudenziali che hanno sancito l’inapplicabilità delle c.d. Tabelle di Milano nella valutazione del danno derivante dalla violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta del proprio percorso esistenziale – ha precisato che per il risarcimento del danno da omessa diagnosi non si possono applicare le c.d. Tabelle Milano, ma occorre tenere conto di tutte le circostanze specifiche del caso concreto, come l’età del danneggiato, il ritardo intercorso tra il primo accertamento, la diagnosi della malattia e il successivo decesso, le condizioni generali del paziente nel periodo compreso tra il primo accertamento e la diagnosi corretta.

Infatti, la liquidazione equitativa di cui all’art 1226 c.c. può essere utilizzata dal giudice quando, come nel caso in esame, è impossibile determinare l’ammontare del risarcimento o quando la sua determinazione risulti particolarmente difficoltosa. L’applicazione di tale criterio non deve pregiudicare l’entità del risarcimento del danno non patrimoniale, che comunque deve essere congruo: il giudice, infatti, è tenuto a prendere in considerazione il pregiudizio effettivo subito e le ripercussioni negative che lo stesso ha avuto sul patrimonio dello stesso e sul valore della persona, provvedendo al ristoro integrale dello stesso.

Con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico in data 8 giugno 2022 sono stati aggiornati gli indici tabellari da utilizzare per il calcolo del risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, secondo quanto previsto dall’art. 139, comma 5 del Codice delle assicurazioni private.
Il provvedimento ha il dichiarato scopo di adeguare i valori che erano stati precedentemente fissati con analogo decreto in data 22 luglio 2019, alle variazioni degli indici Istat relativi ai prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, registrate nei mesi di aprile 2020 (-0.1%), aprile 2021 (+1,2%) e, da ultimo, a quelle ancor più significative registrate a decorrere dal mese di aprile del corrente anno 2022 (+5,8%).
L’aggiornamento riguarda i criteri per la liquidazione del risarcimento del danno biologico per menomazioni dell’integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti, ovvero, dalle attività di strutture socio sanitarie pubbliche o private e degli esercenti professioni sanitarie.
I nuovi valori comporteranno un incremento sia del cd. “punto base” da utilizzare per la liquidazione del danno da lesione micro permanente (portato a 870,97 euro), sia per quanto riguarda l’importo relativo al valore attribuito ad ogni giorno di invalidità temporanea assoluta subita in conseguenza del sinistro (portato a 50,79 euro).

Il risarcimento per il ritardo nella consegna del bagaglio è una misura prevista sia dalla Convenzione di Montreal del 1999 che dalla Convenzione di Varsavia per indennizzare il passeggero che abbia dovuto far fronte alla spesa di acquistare nuovamente quei beni, contenuti nel bagaglio affidato al vettore aereo, e non riconsegnatigli in tempo utile per servirsene.
Tuttavia, non ogni ritardo permette di ottenere un risarcimento. È necessario, infatti, che il passeggero dimostri che il ritardo, oltre alla comprensibilmente fastidiosa attesa, crei effettivamente un danno di qualsiasi tipo, patrimoniale o non patrimoniale, al viaggiatore aereo.
Sono danni patrimoniali risarcibili, ad esempio, i costi sostenuti per l’acquisto di beni di prima necessità, ovvero, medicinali nell’attesa che arrivi il bagaglio, danni non patrimoniali risarcibili le conseguenze di tipo morale o esistenziale che derivino della grave lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati.
Il risarcimento consisterà in un massimo di 1.300,00 Euro per le compagnie aeree non UE secondo la Convenzione di Montreal, calcolato a forfait, e fino a un massimo di 19,54 Euro circa per ogni chilogrammo di bagaglio registrato per le compagnie UE che aderiscano alla Convenzione di Varsavia.

Con la sentenza n.  9857 pubblicata in data 28.3.2022 la Corte di Cassazione ritorna sul dibattuto tema del danno derivante dalla perdita di un rapporto parentale e sulla distinzione, anche al fine della liquidazione, di tale voce di danno dal danno biologico.

In particolare, la Suprema Corte precisa che il danno da perdita del rapporto parentale è destinato a tradursi nella duplice dimensione del c.d. danno morale ossia della sofferenza puramente interiore patita per la perdita affettiva riscontrabile sul piano dell’afflizione e della compromissione dell’ordinario equilibrio emotivo nonché del danno rappresentato dalla modificazione delle attività della vita quotidiana e degli eventuali aspetti dinamico-relazionali in conseguenza di tale perdita affettiva.

Il danno derivante dalla perdita del rapporto parentale, nella sua duplice dimensione, deve, dunque, essere inteso quale conseguenza riferibile alla compromissione della conservazione dell’integrità del proprio nucleo familiare e/o affettivo.

Il danno biologico che deriva dalla perdita di un congiunto, invece, consiste nella compromissione del diverso interesse legato alla conservazione dell’integrità della propria salute tanto da trovare tutela costituzione nell’art. 32 della Costituzione.

Secondo la Suprema Corte, pertanto, nell’ipotesi di perdita di un congiunto e/o parente, va liquidato il danno sotto il profilo della perdita del rapporto parentale sia il danno biologico atteso che la liquidazione del danno biologico non costituisce una duplicazione della prima liquidazione, trattandosi di voci di danno del tutto diverse tra loro.