Con sentenza n. 509 delll’11.1.2018 la Cassazione torna ad affrontare il tema dell’abuso dei diritti da parte dei lavoratori e precisa che in tema di congedo parentale l’art. 32, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 151 del 2001, nel prevedere che il lavoratore possa astenersi dal lavoro nei primi otto anni di vita del figlio, percependo dall’ente previdenziale un’indennità commisurata ad una parte della retribuzione, configura un diritto potestativo che il padre-lavoratore può esercitare nei confronti del datore di lavoro, nonché dell’ente tenuto all’erogazione dell’indennità, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia.
Pertanto ove si accerti che l’assenza dal lavoro per la fruizione del congedo non è in relazione diretta con l’esigenza di cura e la soddisfazione dei bisogni affettivi e relazionali del bambino (perché diretta a consentire lo svolgimento, per parte del tempo, di altro lavoro), si configura un abuso per sviamento dalla funzione del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività (nella specie, presso una pizzeria) contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia.
La sentenza in oggetto, quindi, conferma l’orientamento (già espresso anche in materia di diritto ai permessi ex lege 104/1992) che vincola la legittimità del diritto del lavoratore al permesso previsto da una legge di tutela all’esistenza di un nesso diretto tra la fruizione del permesso e l’adempimento delle esigenze di cura e/o assistenza previste dalla specifica legge tale diritto riconosce.
Normativa di riferimento
Art 32, comma 1, lett. b) d.lgs n. 151/2001
Contenuto della sentenza
Come sopra accennato la Corte di Cassazione confermando la legittimità del licenziamento disciplinare inflitto per abuso del diritto al congedo parentale richiama un orientamento già più volte espresso in relazione alla diversa fattispecie della fruizione dei permessi ex lege 104/1992 (orientamento espresso spesso confermando sentenze della Corte di Appello dell’Aquila, come nel caso in esame).
In particolare nella fattispecie di che trattasi il datore di lavoro licenziava per giusta causa un lavoratore dopo aver accertato che lo stesso aveva svolto altra attività lavorativa durante il periodo di congedo parentale. Il lavoratore impugnava il licenziamento. La Corte di Appello di L’Aquila confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto l’opposizione all’ordinanza emessa all’esito del procedimento Fornero.
La Corte territoriale, conformemente ai giudici di primo grado, riteneva fondato l’addebito accertato sulla scorta di indagini investigative della società, dalle quali era emerso che il lavoratore, per oltre metà del tempo concesso a titolo di permesso parentale, non aveva svolto alcuna attività a favore del figlio.
Avverso la sentenza della Corte di Appello proponeva ricorso per Cassazione il lavoratore contestando ai giudici di merito di aver fondato il loro giudizio esclusivamente sulla correttezza della fruizione dei congedi parentali ed in particolare sul fatto che il padre avesse trascorso con il figlio un lasso temporale pari al 50% dell’orario di lavoro giornaliero (8 ore) per cui si era assentato.
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, precisa che il congedo parentale di cui al d.Lgs. 26.3.2001, n. 151 è configurabile come un diritto potestativo, caratterizzato da un comportamento con cui il titolare realizza da solo l’interesse tutelato e a cui fa riscontro, nell’altra parte, una mera soggezione alle conseguenze della dichiarazione di volontà. Tale diritto viene esercitato con l’onere del preavviso, sia nei confronti del datore di lavoro, nell’ambito del contratto di lavoro subordinato, con la conseguente sospensione della prestazione del dipendente, sia nei confronti dell’ente previdenziale, nell’ambito del rapporto assistenziale che si costituisce ex lege per il periodo di congedo, con il conseguente obbligo dell’ente di corrispondere l’indennità
Non è, peraltro, preclusa al datore di lavoro la verifica delle modalità dell’esercizio del diritto al congedo, per mezzo di accertamenti probatori consentiti dall’ordinamento, ai fini della qualificazione del comportamento del lavoratore.
Considerato quanto sopra, si verifica un abuso del diritto, allorché il diritto venga esercitato non per la cura diretta del bambino, bensì per attendere a qualsivoglia altra diversa attività (nel caso di specie altra attività lavorativa), ancorché incidente positivamente sulla organizzazione economica e sociale della famiglia.
Conclusioni
La Cassazione, con la sentenza in oggetto, conferma un recente e maggioritario orientamento che sottolinea come, in presenza di un diritto potestativo attribuito dalla legge al lavoratore per specifiche finalità, il rispetto dei presupposti e delle modalità di fruizione del diritto previste dalla norma da parte dello stesso lavoratore assume importanza fondamentale ai fini della valutazione disciplinare della sua condotta.